Il rapporto tra imprese e apparato pubblico: un’analisi dei controlli
Immaginate di avere un’impresa e di sapere che ogni anno potreste ricevere potenzialmente quasi 130 visite ispettive da parte di ben 22 enti diversi. Questa è la realtà che, almeno teoricamente, potrebbe interessare le piccole e medie imprese (Pmi) italiane a Nord Est. Un ritmo che, in termini pratici, potrebbe significare un controllo ogni tre giorni. Una situazione paradossale che evidenzia quanto sia complesso il rapporto tra attività imprenditoriale e apparato pubblico.
La situazione delle imprese regolari sotto la lente d’ingrandimento
Se da un lato le attività regolari con partita Iva rischiano di essere frequentemente “sotto la lente” di enti quali Agenzia delle Entrate, Guardia di Finanza, INPS, INAIL, e altri ancora, dall’altro è risaputo che chi opera completamente in nero, paradossalmente, sembra godere di una relativa tranquillità, avendo una probabilità nettamente inferiore di subire verifiche rispetto a chi segue rigorosamente ogni regola normativa.
Secondo gli ultimi dati disponibili, ben 4 milioni di contribuenti hanno avuto a che fare con controlli fiscali e del lavoro, fra ispezioni, accertamenti e lettere di compliance, un fenomeno che colpisce quasi esclusivamente chi esercita un’attività regolarmente registrata.
La complicazione normativa e la necessità di controlli telematici
Uno dei problemi principali che affligge soprattutto le piccole realtà imprenditoriali è il sovraccarico normativo: leggi, decreti, circolari e regolamenti troppo spesso incomprensibili o difficilmente applicabili nella realtà quotidiana. Il rischio, concreto, è quello di trovarsi in una situazione di perenne irregolarità inconsapevole, vivendo l’ipotesi di una verifica come un vero e proprio incubo. Per contrastare questa situazione sarebbe necessario semplificare radicalmente il quadro normativo vigente e incentivare maggiormente i controlli telematici, riducendo così il peso della burocrazia fisica.
La complicazione burocratica, tuttavia, non si limita al contesto italiano. Negli ultimi cinque anni, infatti, l’Unione Europea ha prodotto ben 13.000 normative, una quantità di oltre il doppio rispetto agli USA, che nello stesso periodo ne hanno approvate complessivamente 5.500, comprese risoluzioni federali. Bruxelles sembra essere consapevole del problema, e per questo la presidente della Commissione Europea, Ursula Von der Leyen, ha promesso interventi per ridurre i costi amministrativi, puntando a un risparmio di circa 37,5 miliardi di euro entro la fine della legislatura.
I settori principali dei controlli e la sfida della sicurezza sul lavoro
Gli studi recenti hanno suddiviso le possibili ispezioni in quattro grandi settori:
- Ambiente e sicurezza: il più sensibile, con 67 possibili verifiche annuali, effettuate da 13 enti differenti. Tra questi spiccano le ASL/ULSS, l’ARPA, NAS, NOE e la Polizia Locale. Maggiore attenzione va a impianti elettrici e idrici, gestione rifiuti e sicurezza antincendio.
- Fiscale: si possono ricevere 30 controlli, da parte di enti quali Agenzia delle Entrate e Guardia di Finanza.
- Contrattualistica: qui i controlli sono 21, condotti principalmente dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro e dall’INPS.
- Amministrativa: in quest’ambito i controlli sono 11, svolti principalmente dai Comuni, dalle Camere di Commercio e dalla Polizia Locale.
In cima alla classifica della frequenza di verifiche resta dunque il tema della sicurezza sul lavoro, accompagnato da quello ambientale. Mantenere in efficienza gli impianti, gestire correttamente i rifiuti e rispettare tutte le misure di sicurezza richieste richiede non solo un impegno economico, ma soprattutto gestionale e organizzativo, che pesa non poco sui piccoli imprenditori italiani.