Influenza e titoli in prima pagina, un medico a Nordest24: «Numeri normali, vi spiego perché»

Il racconto dell’influenza tra titoli ad effetto e realtà clinica, il medico: «perché i numeri fanno notizia ma non indicano un’emergenza sanitaria»

28 dicembre 2025 22:43
Influenza e titoli in prima pagina, un medico a Nordest24: «Numeri normali, vi spiego perché» -
Condividi

UDINE - “Boom di influenza”. È una formula che ritorna ciclicamente, ogni inverno, puntuale come il freddo e le giornate corte. Titoli grandi, numeri evidenziati, migliaia di persone a letto con la febbre. Quest’anno, come accade spesso, alcuni quotidiani hanno parlato di decine di migliaia di casi nella regione Fvg. Una narrazione che colpisce, che cattura l’attenzione e che, inevitabilmente, genera una sensazione diffusa di emergenza. Ma dietro quei titoli, la realtà è più complessa, e soprattutto meno allarmante di quanto possa apparire a una prima lettura. Un medico di medicina generale del Friuli Venezia Giulia, che ha scritto in redazione chiedendo di restare anonimo, offre una lettura molto chiara del fenomeno. «Quando escono titoli così forti – spiega – il nostro telefono inizia a squillare senza sosta. Pazienti con sintomi lievi si spaventano, chiedono visite urgenti, pretendono esami che non servono. Questo non aiuta né loro né noi». Nel linguaggio giornalistico, la parola “boom” non ha un significato medico. Non indica un evento imprevisto, né una mutazione improvvisa del quadro sanitario. È un termine narrativo, scelto per sintetizzare in una sola parola la fase di picco stagionale dell’influenza.

«Ogni anno, tra dicembre e gennaio, il numero dei casi cresce in modo naturale e prevedibile - continua il medico -. È in questo momento che le rilevazioni statistiche iniziano a mostrare cifre elevate, frutto della somma di migliaia di situazioni individuali che si verificano nello stesso periodo. Il punto centrale, spesso poco spiegato, è proprio questo: quei numeri non descrivono un’esplosione improvvisa, ma l’accumulo progressivo di casi che si manifestano nell’arco di settimane. Il titolo, però, concentra tutto in un istante, dando l’impressione che qualcosa stia sfuggendo di mano».

Del resto l’influenza stagionale è uno dei fenomeni più studiati e monitorati in ambito sanitario. Da decenni segue schemi simili, con oscillazioni legate alla stagione, alle temperature e alla circolazione dei virus influenzali. I sistemi di sorveglianza sanitaria sanno perfettamente quando aspettarsi il picco e ne tengono conto nella programmazione dei servizi. Non siamo di fronte a un evento straordinario, ma a una dinamica ricorrente, che diventa notizia soprattutto quando entra nella fase più visibile. È qui che il racconto mediatico si intensifica e che l’influenza passa dall’essere un’esperienza privata a un fatto collettivo.

«L’influenza riguarda tutti - aggiunge il sanitario -. Chi direttamente, chi indirettamente attraverso familiari, colleghi, amici. È una notizia che non ha bisogno di spiegazioni tecniche: la febbre è un linguaggio universale. I giornali lo sanno e utilizzano questo tema perché è immediatamente riconoscibile, vicino alla vita quotidiana e facile da comprendere. Inoltre, il contesto invernale amplifica tutto. Le festività, le scuole chiuse o in procinto di riaprire, i servizi sanitari sotto pressione. L’influenza diventa così una lente attraverso cui raccontare lo stato di salute di una comunità intera».

Il problema nasce quando la forza del titolo supera la spiegazione del contenuto. Parlare di “boom” senza chiarire che si tratta di un picco atteso può generare ansia, soprattutto nelle fasce più fragili della popolazione. La percezione dell’allarme cresce, mentre la realtà clinica rimane, nella maggior parte dei casi, sotto controllo. Ed è proprio su questo punto che emergono le voci di chi lavora ogni giorno sul territorio. Secondo il medico, il problema non è informare sull’influenza, ma come lo si fa. «L’influenza stagionale la conosciamo bene. La maggior parte dei casi si risolve con qualche giorno di riposo. Ma quando i giornali parlano di numeri enormi senza spiegare il contesto, si crea confusione. E la confusione, in sanità, è sempre un problema». Il medico sottolinea anche un altro aspetto spesso ignorato: «Il carico emotivo. Le persone arrivano già preoccupate, convinte che stia succedendo qualcosa di grave. Questo rende più difficile anche il rapporto di fiducia».

I giornali non inventano i dati, precisiamolo. Le cifre sono reali, derivano da monitoraggi ufficiali. Ma il modo in cui vengono presentate cambia radicalmente l’effetto sul pubblico. Un titolo può informare o amplificare, rassicurare o inquietare. Il confine è sottile e richiede una grande responsabilità editoriale. Raccontare l’influenza è legittimo, anzi necessario, soprattutto per spiegare perché i servizi sanitari sono più affollati o perché è importante prestare attenzione alle persone fragili. Ma raccontarla come un evento eccezionale rischia di alterare la percezione della realtà. Un’emergenza vera è qualcosa di imprevedibile, che sfugge ai modelli conosciuti e mette in crisi il sistema. L’influenza stagionale, per quanto fastidiosa e diffusa, non rientra in questa categoria. È prevista, studiata, affrontata ogni anno con strumenti consolidati.

Il cosiddetto “boom” è quindi un fenomeno statistico e comunicativo, non clinico. È il punto più alto di una curva che sale e scende regolarmente, non l’inizio di qualcosa di nuovo. Comprendere il meccanismo che sta dietro a certe scelte editoriali aiuta i lettori a ridimensionare la paura. I numeri fanno notizia perché raccontano un’esperienza collettiva, non perché segnalano un pericolo imminente.

Come ricorda il medico che ha scritto in redazione, «un’informazione più equilibrata aiuterebbe tutti: i cittadini, i medici e il sistema sanitario». L’influenza continuerà a tornare ogni inverno. Sta anche al modo in cui viene raccontata la differenza tra informazione utile e allarme percepito.

Segui Diario di Pordenone